se aiuti una donna, aiuti anche un uomo

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Capita che il padre di mio figlio abbia delle uscite felici, a metà tra la verità e il sarcasmo. È un appassionato di finanza, non nel senso che gioca in borsa e vince milioni di euro. Lui legge di finanza, si informa, vede documentari, compra libri, scova notizie che a volte esulano dallo specifico, come il fatto che Gregory Millman, autore del libro Finanza barbara, insieme alla moglie abbia scelto l’homeschooling per i figli.

Il padre di mio figlio rifletteva sul reddito di cittadinanza. Sacrosanto. Difenderebbe tutti quei diritti costituzionali con i quali quotidianamente ci sciacquiamo le mani. Ma i soldi per farlo ci sono? Cominciamo col darlo a qualcuno, dice lui, per esempio alle donne madri che non lavorano. Perché “se aiuti una donna, aiuti anche un uomo”.

È chiaro che le donne madri svolgono una funzione fondamentale. Che società sarebbe se non ci fossero bambini e ragazzi? Se progressivamente e inarrestabilmente la nostra comunità invecchiasse? E fino a quanti anni dovremo lavorare se non potremo lasciare il testimone alle nuove generazioni? Sempre lui che riflette.

Aggiungo io una domanda: se scelgo di tenere con me il bambino e non mandarlo al nido, quanti soldi faccio risparmiare al mio paese? Facendo un giro su internet le cifre variano da sito a sito, comunque alle casse dello Stato un bambino al nido non costa meno di 24.000 euro annui.

In sostanza il fatto di tenere Orlando con me sta facendo risparmiare almeno 24.000 euro di denaro pubblico. L’Italia potrebbe darmene atto, ringraziarmi e inventarsi politiche di sostegno alla maternità che non passino esclusivamente per la costruzione di nuovi asili nido, che comunque non vengono costruiti.

Il discorso sulla spesa pubblica può essere esteso a tutte le scuole dell’obbligo: materne, elementari, medie. L’educazione scolastica di un ragazzo dai 3 ai 15 anni ha un costo di oltre 88.000 euro complessivi, sempre che lo studente sia diligente e non venga mai bocciato, altrimenti le cifre salgono (vedi http://www.gildacuneo.it/2012/01/allo-stato-non-conviene-bocciare/).

Difficile non pensare che un eventuale assegno di maternità vada contro il diritto delle donne al lavoro, che le faccia tornare a casa trascinandole fuori dal mercato delle occupazioni.

Personalmente non credo che la mia esistenza possa risolversi nel rapporto con mio figlio. Ho bisogno e voglia di fare anche altro. D’altronde occuparmi di Orlando in questi primi anni della sua vita non vuol dire necessariamente non fare più niente che non lo riguardi. Organizzarsi non è scontato, certo, ma forse non è impossibile, a patto di erodere una vecchia visione del mondo.

Ore e ore al giorno di scuola, ore e ore al giorno di lavoro. La vita si presenta come una gabbia dalla quale è possibile uscire solo con un tornello che ci costringerà a tornare al più presto tra le sbarre. Sembra di essere finiti in una grande fabbrica che deve produrre a ritmi strazianti una quantità sovrumana di cose. Mi chiedo se non sia ormai tutto un imbroglio, se questa storia non si sia esaurita con il millennio scorso. Abbiamo ancora bisogno di produrre tanto? Ma soprattutto, produciamo ancora così tanto?

Che senso ha oggi massificare il lavoro, la formazione, le cure, le strutture, da quando siamo bambini fino a quando diventiamo vecchi?

Dopo essere entrate quasi in massa nel mondo del lavoro, non è forse arrivato il momento di trasformarlo, liberando noi stesse e i maschi da una concezione concetrazionista del tempo produttivo e di quello improduttivo?